In via Sorio di fronte all'ingresso dell'aeroporto Gino Allegri, a destra di chi va verso i Colli, si apre la via Col Berrelta. Percorrendo questa via si trova, ancora a destra, una piccola strada che si chiama Col del Rosso. Perchè ? II Col del Rosso sull'Altopiano d'Asiago, alto circa 1.250 metri, in parte roccioso, in parte coperto di boscaglie di basso fusto, disabitato, e uno dei tre monti oggi dimenticati, famosi invece durante la guerra 1915-18. Notiamo, a titolo di curiosità, che essi appartengono, come tutto l'Altopiano d'Asiago, alla Diocesi di Padova. Quanto sangue, quanti morti da entrambe le parti Molti sono nell'Ossario monumentale d'Asiago che ne contiene 30.000. Alcuni furono trasportati dopo la guerra nel loro paese natale, perche cosi vollero le famiglie. Una lastra di marmo, un cognome, un nome, un grado militare, una data. Di tanto sacrificio, di tanto dolore resta soltanto questa. Qualcuno non ha neanche questa poco, perche « ignoto ». Vediamo alla lettera B (i caduti sono in ordine alfabetico): Bertano Bernardino. Colonnello. E' il comandante del 117 Fanteria (Brigata Padova) caduto il16 Giugno 1918 su Col del Rosso, mentre usciva davanti a tutti in un disperato contrattacco per arrestare gli austriaci che avevano già superata il gnomo 15 la sommità del monte. Tutti gli ufficiali che lo seguivano caddero can lui quella mattina. Era un uomo d'un valore leggendario e che compiva fino in fondo il proprio dovere. Alto, asciutto, piemontese, un po' rigido, rna non cattivo. Era amato da tutti perche esigeva più da 50 stesso che dagli atri. Una pallottola in faccia lo fulmino. Anche questa eroica morte contribuì a far citare la Brigata Padova sul bollettino del Comando Supremo e così, credo, si spiega il nome di Col del Rosso dato a una via della nostra città. Ma un altro valoroso, un nemico questo, merita d 'essere ricordato can ammirazione, tanto pin che egli probabilmente e sepolto ira gli «ignoti ». La mattina del 15 Giugno 1918 gli austriaci, varcata la prima linea dopo un furioso bombardamento cominciato alle 3 di notte, si diressero contra la seconda linea di resistenza, sulla quale erano schierate due compagnie del 3° battaglione del 118 Fanteria, l'altro reggimento della Brigata Padova. Li precedeva un battaglione di Sturmtruppen, cioè truppe d 'assalto (così gli austriaci chiamavano i loro «arditi»). Davanti a tutti, dritto come se andasse a una rivista, c 'era un tenente che giunse fino al reticolato italiano. Di fronte a lui per caso c 'era proprio il comandante dell'8' compagnia del 118, un capitano sardo che si chiamava Cixi, bravo e coraggioso. II tenente austriaco feri con un colpo di rivoltella, il capitano italiano alla clavicola destra, rna cadde subito crivellato di colpi. I suoi che salivano curvi dopo di lui col loro zainetto sulle spalle si precipitarono giù dietro certi rocciosi sottraendosi al violento fuoco italiano. Più tardi alcuni soldati dell'8^ portarono al tenente (un padovano), che aveva assunto il comando al posto Fu posto sotterra appena respinto il nemico e sulla rozza tomba si colloco un sasso bianco verticale con scritto in lapis copiativo (altro non si poteva) il suo nome. Passarono poi molti mesi, cioè fino a dopo finitala guerra prima che questi marti, sepolti qua e la, venissero trovali e raccolti. Certo la povera scritta in lapis copiativo era sparita. Cadde da vero eroe. Si e tentati di fare un triste confronto con gli attuali «eroi» austriaci elle sparano di notte alle spalle dei nostri soldati in Alto Adige. La storia di questo povero tenente non finisce qui. Essa ha un seguito padovano, anzi aponense. Molti anni dopo In fine della guerra un giovane si trovava in casa di quel tenente di Padova (ormai capitano) che aveva raccolto e ancora conservava i documenti riguardanti quell'ufficiale austriaco morto a Col del Rosso. Il 19 Settembre 1918 un peparlo misto del ll8 Fanteria (sesta compagnia del 2° battaglione, nona compagnia Fu un piccolo attacco (dalle ore 1,30 alle 6 di maltina), ma chi vi prese parte sofferse le pene d'inferno. Il povero capitano Ricci, comandante della 6^, valoroso, buono, ventisei anni, vi perse la vita assieme con parecchi altri. Il sergente abruzzese Lombardi, ci guadagnò una medaglia d'argento al valore, ma vi perse il braccio destro e quindi il suo mestiere per tutta la vita (era calzolaio). Il bollettino del Comando supremo (che veniva disuso da Abano), firmato Diaz, in data 19 Settembre conteneva, fra l'altro, queste poche righe: «le Sull'altopiano di Asiago gli elementi di attacco. penetrando in due tratti dei trinceramenti avversari a nord della linea Cima di Val Bella - Col del Rosso, catturarono una quarantina dj prigionieri e due mitragliatrici» Chi e come potrebbe narrare l'inenarrabile angoscia, le sofferenze, le ferite, la morte di quei poveri diavoli che « penetrarono » nei «trinceramenti avversari»? Poche righe scarne del bollettino, ormai dimenticate anch' 'esse, e tutto chiuso, tutto finito. Finora abbiamo parlato di eroi. Ma i combattenti allora erano tutti eroi? No, in grande maggioranza erano uomini «prudenti». Diciamo cosi senz'ombra d'ironia. anzi con sentimento di verace comprensione. L'uomo ha diritto di vivere ed ha anche il diritto, che si può anzi chiamar dovere, di non ammazzare il suo prossimo. Per noi questa «prudenza» e una prova di alta civiltà. Il «prudente», che il codice penale militare di guerra condanna, quando può prenderlo, alla fucilazione, magari nella schiena, e un uomo istintivamente civile che dovrebbe chieder lui ragione a chi, strappandolo alla famiglia e al suo lavoro lo spinge a ricevere o a dare la morte per una causa che quasi sempre ignora o non approva. Tuttavia e tanto facile amare la propria vita e cedere al desiderio di conservarla che non possiamo far a meno di ammirare gli «eroi», cioè coloro che sanno vincere questo istinto e domare la propria natura, sicuri di obbedire al comando di un'idea venerata. Gli episodi della lotta su Col del Rosso sono un piccolo esempio di «storia della storia», un saggio degli infiniti, piccoli avvenimenti di cui la storia si intesse, ma che essa, per forza. dimentic8. dando uno sintesi nella quale il piccolo, umile, sparisce, mentre predomina il grande protagonista. Uno scrittore inglese del secolo scorso disse che In storia non e che « la biografia degli uomini illustri)).
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